Mike Winkelmann, meglio conosciuto come Beeple, è un artista digitale americano. Per oltre 13 anni ha prodotto un’opera al giorno, raccontando la storia contemporanea americana, ma anche quella sua personale. Beeple ha condensato il suo lavoro in un collage di cinquemila immagini. L’opera, chiamata Everydays: The First 5000 Days, è stata venduta dalla vecchia signora delle case d’asta — Christie’s — a marzo 2021.
Nulla di strano, se non fosse per qualche dettaglio non trascurabile:
- L’opera è di fatto un’immagine jpeg, infinitamente replicabile e scaricabile da chiunque, alla quale è stato associato un gettone crittografico non fungibile, ovvero un Non-Fungible Token (NFT).
- Ciò che è stato venduto è l’NFT, non l’immagine dell’opera, attraverso la galleria di arte digitale MakersPlace che si appoggia alla blockchain Ethereum.
- Il prezzo di vendita dell’opera è stato di 69 milioni di dollari, che ne fa una delle opere d’arte più costose mai vendute della storia dell’arte tramite asta pubblica (per la precisione, la terza di un artista vivente, dopo Rabbit (1986) di Jeff Koons e Portrait of an Artist (1972) di David Hockney).
Pochi giorni prima, Chris Torres, il creatore originale dell’animazione nota come Nyan Cat, la vende per 300 ETH (allora 561,000$) su Foundation, un’altra galleria di arte digitale sulla stessa blockchain. Nyan Cat è un meme, attribuito ad una gif animata a 8 bit di un gatto che vola con il corpo di un Pop-Tart alla ciliegia (un biscotto della Kellogg’s), lasciando un arcobaleno dietro di sé, con una versione remix della musica “Nyan-nyan-nyan!” (il verso del gatto in giapponese).
Una breve storia
Che cosa sta succedendo?
Nulla accade per caso. Ogni fenomeno è frutto di movimenti passati, che si incontrano come in una tettonica a zolle generando terremoti improvvisi e violenti. I movimenti che hanno portato alla nascita della crypto art e degli NFT sono principalmente quattro e hanno a che fare con arte, politica, tecnologia ed economia.
Arte
Una tassello importante per comprendere la crypto art è la teoria della perdita dell’aura nell’opera d’arte contemporanea elaborata da Walter Benjamin — filosofo tedesco — nel suo saggio dal titolo L’origine dell’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.
L’aura è la bellezza e il sacro irripetibili. L’arte non ha più un valore sacro quando la si può riprodurre (con fotografia o cinema). La riproduzione tecnica dell’arte significa mercificazione e standardizzazione del prodotto artistico.
L’aura è da intendere come il qui-e-ora dell’opera d’arte, l’unicità del suo apparire. Con i mezzi di comunicazione di massa, che riproducono l’opera, con l’apparire riprodotta in massa, in molti luoghi diversi dell’opera d’arte, non è più possibile conservare l’idea dell’aura. Theodor Adorno
La crypto art affonda le sue radici nell’arte concettuale. Ne condivide la natura immateriale e distributiva delle opere e il rifiuto dei mercati e delle istituzioni convenzionali dell’arte (e quindi degli intermediari). Condivide inoltre con la pop art il forte legame tra arte e valuta.
Si definisce arte concettuale qualunque espressione artistica in cui i concetti e le idee espresse siano più importanti del risultato estetico e percettivo dell’opera stessa.Wikipedia
L’idea diventa la macchina che produce l’arte. Sol LeWitt
Un precursore artistico recente della crypto art è infine la net art. La net art comprende forme d’arte nate e cresciute sul Web. Riguarda l’utilizzo di Internet non come mezzo di diffusione dell’opera artistica ma di creazione artistica.
Alexei Shulgin, uno dei pionieri della net art, sostiene che l’arte in rete è solo “documentazione di arte che non viene creata in rete, ma al di fuori di essa e, in termini di contenuto, non vi stabilisce alcuna relazione”, la net art invece “funziona solo in rete e prende la rete o il mito della rete come tema”.
Domenico Quaranta parla amorevolmente della net art nelle conclusioni del suo libro Surfing con Satoshi. Arte, blockchain e NFT:
È stato proprio questo aspetto ad attrarmi verso la neonata net art. Il fatto che potesse esistere libera, nel flusso dell’informazione, accessibile da chiunque avesse un dispositivo per farlo, in qualunque momento, da qualsiasi parte del mondo; il fatto che potesse essere realizzata con pochi mezzi, e che potesse raggiungere un pubblico — spesso molto ampio — senza passare per un complicato, e spesso ostile, sistema di produzione, distribuzione e consumo; il fatto che, fuori dal mondo dell’arte, potesse costruirsi il suo sistema di legittimazione, di cui anche io potevo far parte. La net art era un dono, e per anni è sopravvissuta senza un mercato. Domenico Quaranta.
Alcune opere storiche della net art sono illustrate e descritte da Dario Quaranta. Valentina Tanni su Artribune racconta le origini non recenti dell’arte digitale. Il rapporto tra letteratura, desiderio e tecnologia è raccontato nel testo Digital Bovary — Il bovarismo nell’era della sua riproducibilità tecnica da Carolina Bandinelli e Giorgia Tolfo.
Politica
Le origini politiche della crypto art si possono far risalire al movimento Cypherpunk. Un cypherpunk è un attivista libertario che sostiene l’uso intensivo della crittografia informatica come parte di un percorso di cambiamento sociale e politico. I cypherpunk sono organizzati in un movimento attivo dalla fine degli anni 1980, con influenze della cultura punk. Esempio di attivismo cypherpunk è il sito Wikileaks di Julian Assange.
Noi, i Cypherpunks, ci dedichiamo alla costruzione di sistemi anonimi. Difendiamo la nostra privacy con la crittografia, con sistemi di inoltro della posta anonimi, con le firme digitali e con il denaro elettronico. […] I Cypherpunks scrivono codice. Sappiamo che il software non può essere distrutto e che un sistema ampiamente distribuito non può essere censurato. Eric Hughes, Manifesto Cypherpunk (1993)
Il movimento cypherpunk a sua volta prende le radici dall’anarco-capitalismo, una filosofia politica e teoria economica che sostiene l’eliminazione degli stati centralizzati in favore del libero mercato, che a sua volta fa riferimento al sistema economico lasciar fare, lasciar passare (laissez faire, laissez passer), che sostiene che le transazioni debbano avvenire tra parti private in assenza di qualsiasi forma di intermediazione del governo.
Tecnologia
Un paio di anni prima che Eric Hughes scrivesse il manifesto del movimento cypherpunk, Stuart Haber, un crittografo, e Scott Stornetta, un fisico, pubblicano un articolo scientifico dal titolo How to Time-Stamp a Digital Document e un anno dopo registrano un brevetto negli Stati Uniti (poi, ironicamente, cessato in quanto i due si scordano di pagare la tassa sul brevetto). L’articolo passa tutto sommato inosservato.
Haber e Stornetta stavano cercando di affrontare il problema epistemologico di come ci fidiamo di ciò che crediamo essere vero nell’era digitale. In particolare, i due ricercatori sono partiti da due domande:
- Se è così facile manipolare un file digitale su un personal computer, come faremo a sapere cosa era vero nel passato?
- Come possiamo fidarci di ciò che sappiamo del passato senza doverci fidare di un’autorità centrale che conservi la documentazione?
Di fatto, i due propongono il primo embrione di blockchain. Semplificando all’osso, una blockchain è un registro in cui vengono registrate transazioni e contratti (smart contract). Un esempio di transazione è la vendita di un’opera d’arte digitale contro un corrispettivo in criptovaluta. Un esempio di contratto è quello che permette ad un artista di creare e vendere opere digitali, e ricevere i diritti d’autore quando l’opera è rivenduta sul mercato secondario. La tecnologia blockchain usa la crittografia — una parte della matematica che serve per nascondere le informazioni — per rendere inviolabile il registro, ovvero ciò che è scritto è scritto e non si può modificare. Posso solo aggiungere nuove pagine (blocchi) al registro (catena). Inoltre la stessa crittografia serve per firmare digitalmente le transazioni, ossia assicurarne l’autenticità. In questo modo siamo sicuri che ciò che leggiamo oggi sulla blockchain corrisponde a ciò che è stato scritto in passato, la prima questione sollevata da Haber e Stornetta.
Ma chi detiene la blockchain e come mi posso fidare di questa autorità? La soluzione è quella di evitare una autorità centrale, ma distribuire il registro su tanti nodi (computer) di una rete paritetica (peer-to-peer network). Ogni nodo ha la propria copia e ogni volta che il registro viene aggiornato le modifiche vengono distribuite a tutti i nodi in modo che le copie rimangano aggiornate. Nel caso in cui un nodo fraudolento sostenesse il falso, gli altri nodi opporrebbero la loro versione del registro. Questo risolve il secondo problema sollevato da Haber e Stornetta.
È interessante notare con Haber e Stornetta immaginano che il loro metodo possa essere applicato non solo ai documenti di testo ma anche a fotografie, audio e video, presagendo — nel 1991 — l’utilizzo della blockchain nell’arte:
Naturalmente la marcatura temporale digitale non è limitata al testo. Qualsiasi stringa di bit può essere marcata temporalmente, comprese le registrazioni audio digitali, le fotografie e i video. […] La marcatura temporale può aiutare a distinguere una fotografia originale da una ritoccata. Haber e Stornetta
Economia
Siamo nel 2008, nel pieno della crisi finanziaria causata dai mutui subprime, prestiti ad alto rischio finanziario offerti dagli istituti di credito americani a clienti a forte rischio di insolvenza. La crisi causa il collasso di alcune banche importanti, come Lehman Brothers, e costringe molti stati ad intervenire con il denaro pubblico per salvarne altre (bailout). Una crisi finanziaria che innesca una recessione economica non ancora pienamente assorbita. A livello psicologico, la crisi del 2008 va a minare la fiducia (trust) su cui si fonda il rapporto tra cittadini e banche e cittadini e stati.
Il giorno di Halloween di quell’anno funesto, qualcos’altro accade. Un misterioso personaggio che si nasconde dietro lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto diffonde su una mailing list di crittografia un articolo intitolato Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System facendolo precedere da questa affermazione che non lascia dubbi sulle sue motivazioni:
I’ve been working on a new electronic cash system that’s fully peer-to-peer, with no trusted third party.
Il libro bianco (white paper) di Satoshi cita proprio il lavoro di Haber e Stornetta sulla blockchain (una sleeping beauty che dormiva da quasi 20 anni). Infatti, la moneta bitcoin (con la b minuscola) è una valuta digitale non emessa da alcun ente centrale e per funzionare usa la tecnologia blockchain Bitcoin (con la b maiuscola). Rispetto alla proposta del 1991 di Haber e Stornetta, Satoshi aggiunge un ingrediente fondamentale: l’incentivo economico per i partecipanti al sistema. Molto sagacemente, Satoshi conia un sistema in cui ogni partecipante ha un incentivo economico (una ricompensa pagata in bitcoin) per rimanere onesto e far funzionare il sistema secondo le regole:
L’incentivo delle ricompense può aiutare ad incoraggiare i nodi a rimanere onesti. Se un avido attaccante è in grado di assemblare più potenza computazionale di tutti i nodi onesti, può scegliere tra usarla per frodare gli altri, o usarla per generare nuove monete. Dovrebbe trovare più redditizio seguire le regole (generare nuove monete), regole che gli permettono di generare più nuove monete di tutti gli altri messi insieme, che minare il sistema e la validità della propria ricchezza. Satoshi Nakamoto
Il 3 Gennaio del 2009 l’idea di Satoshi viene realizzata e il primo blocco della catena Bitcoin viene posato. Satoshi include nel primo blocco un messaggio indelebile che cita un articolo apparso lo stesso giorno su The Times in cui si parla dell’imminente secondo salvataggio pubblico delle banche, un messaggio che in questo contesto sa di rivoluzione economica:
The Times 03/Jan/2009 Chancellor on brink of second bailout for banks
Come spiega bene Domenico Quaranta nel libro già citato:
Bitcoin e criptovalute in generale sono figlie, da un lato, di una totale sfiducia nell’uomo e nelle sue istituzioni, dall’altro di una fiducia incrollabile nei sistemi informatici — uno degli elementi di punta della cultura hacker e di quello che l’artista e scrittore James Bridle definisce “pensiero computazionale”: credere che un qualsiasi problema possa essere risolto dal mero calcolo. Domenico Quaranta.
E ancora tecnologia
Il 30 Luglio 2015, un giovane programmatore russo dal nome Vitalik Buterin, posa il primo blocco di una nuova blockchain — Ethereum — sostenuta dalla criptovaluta Ether. Ethereum è fondamentalmente diversa da Bitcoin in quanto è programmabile. Esiste un linguaggio — Solidity — con cui è possibile programmare dei contratti intelligenti (smart contract). Uno smart contract è un programma che realizza le condizioni di un contratto e viene depositato e eseguito su Ethereum. Ad esempio un contratto che gestisce la vendita di opere d’arte su una galleria digitale. Una volta depositato, il contratto non può essere modificato e fa esattamente ciò per cui è stato programmato (bug inclusi).
Ethereum apre le porte al Web 3.0, un WWW fatto di applicazioni decentralizzate (dApp) — e non centralizzate su qualche server — che girano sulla blockchain e quindi lasciano agli utenti la proprietà e il controllo dei propri dati e della propria identità. Per dirla con l’ingegnere Juan Benet:
Il Web 3.0 fa con le informazioni ciò che Bitcoin ha fatto con il denaro, rendendolo sicuro, decentralizzato, verificabile: una prospettiva che promette di lasciarsi alle spalle come un brutto sogno l’incubo di un Web 2.0 fondato sulla sorveglianza e lo sfruttamento dei nostri dati personali. Juan Benet
Proprio Juan Benet nel 2015 è l’autore di un altro fondamentale tassello tecnologico della crypto art, ossia InterPlanetary File System (IPFS). È anch’essa una rete paritaria (peer-to-peer) come blockchain, ma non contiene transazioni bensì informazioni di qualsiasi tipo (testo, immagini, suono, video). IPFS assicura di realizzare la promesse originaria di HTTP di dare vita ad un Internet pienamente decentralizzato.
Quando carichiamo un file sulla rete IPFS, questo viene distribuito tra i vari nodi della rete, non archiviato su un server di qualche organizzazione. Quando vogliamo accedere ad un file su IPFS, non lo cerchiamo con in proprio indirizzo URL, che ne specifica la macchina, la posizione e il nome del file. Invece, ci limitiamo a dichiarare un codice (hash) che ne identifica univocamente il contenuto. La rete recupera il file richiesto da uno dei nodi e noi possiamo verificarne l’identità attraverso il suo hash. Dunque un file non può essere censurato o alterato senza lasciare traccia, in quanto ogni nuova versione del file avrà un differente hash e verrà archiviata nella rete. Ma un file può scomparire dalla rete, se nessun nodo lo ospita più (ogni nodo archivia solo i file che interessano al nodo).
Per esempio, la seguente immagine è codificata da questa stringa hash:
QmR3Rv3N6Q1hKinBDzzXudBj5fdrJbzDpYJVrfzkLco1wD
e archiviata su IPFS a questo indirizzo.
Connecting the dots: Crypto Art
La crypto art è il risultato di tutti questi movimenti passati, un crogiolo di arte, tecnologia, politica ed economia. La crypto art usa la tecnologia blockchain (tipicamente Ethereum) per registrare i contratti di compravendita e le relative transazioni, nonché il certificato NFT associato all’opera. Il file dell’opera, invece, viene tipicamente archiviato su IPFS. Tutte le transazioni (offerte, compravendita, diritti d’autore, commissioni di galleria e di rete) vengono regolate in criptovaluta (in Ether su Ethereum).
Nello spirito del cypherpunk, i crypto artist e i crypto collector fanno ampio uso della crittografia per mantenere un certo grado di (pseudo) anonimato e limitare il più possibile gli intermediari (gli scambi avvengono direttamente tra artista e collezionista o collezionista e collezionista e sono mediati da uno smart contract).
Come per l’arte concettuale, le idee espresse dall’opera (sempre immateriale) sono sovente dominanti rispetto al risultato estetico (talvolta deprecabile). Inoltre la crypto art nasce come movimento di rottura rispetto al sistema tradizionale dell’arte: tutti possono partecipare liberamente nel ruolo di artista e collezionista (o di investitore, flipper) e il successo di un artista non è tanto determinato dal giudizio dato da curatori e esperti d’arte ma piuttosto dalla capacità di cogliere nell’opera l’hic et nunc di turno e di essere e rimanere popolari sulle reti sociali (principalmente Twitter). Come per la pop art, c’è una forte sovrapposizione tra arte e denaro. Un token non fungibile (NFT) è fatto della stessa materia di un token fungibile (criptovaluta) con cui è scambiato: entrambi sono scritture digitali su una blockchain. Quello che cambia è lo standard (l’interfaccia) del token: ERC721 per gli NFT e ERC20 per le criptovalute. Una curiosità: prima dell’avvento dello standard ERC721, alcune gallerie, tra cui SuperRare, usavano ERC20 anche per registrare le opere (usando il numero intero di token trasferiti come identificatore del token non fungibile!). In tal caso la sovrapposizione tra arte e valuta era totale in quanto anche lo standard era il medesimo. Infine, crypto art e net art condividono quasi tutto, a parte l’economia di mercato. La net art viveva nell’economia del dono. La blockchain e le criptovalute hanno invece fatto nascere un mercato dell’arte digitale.
Verdiamo come funziona la crypto art con un esempio pratico, ossia l’opera Andy-Machine-Portrait-2020 dell’artista hex6c esposta nella galleria SuperRare.
Il flusso di lavoro è il seguente:
- l’opera (un’immagine) e i relativi metadati (titolo, descrizione e parole chiave) vengono creati dall’artista;
- l’artista interagisce con lo smart contract della galleria in una prima transazione di creazione (minting) in cui viene generato un NFT associato all’opera e trasferito dal contratto nel portafoglio (wallet) dell’artista;
- l’NFT contiene lo hash del contratto di creazione e un identificatore numerico progressivo dell’opera in quel contratto;
- i metadati e il file dell’opera vengono invece archiviati su IPFS. La transazione di creazione dell’opera contiene (nel campo Input Data) un link ad un file JSON su IPFS che contiene i metadati dell’opera e un ulteriore link al file dell’opera sempre su IPFS;
- ora l’opera è disponibile sul mercato primario. I collezionisti possono fare delle offerte partecipando ad un’asta al rialzo, interagendo nuovamente con lo smart contract della galleria, impegnando i fondi offerti nel contratto. Eventuali fondi impegnati precedentemente in offerte inferiori vengono rilasciati;
- quando lo ritiene, l’artista può accettare l’ultima offerta fatta. In tal caso l’NFT passa dal portafoglio dell’artista a quello del collezionista e la criptovaluta offerta (al netto delle commissioni di galleria del 15%) fa il giro opposto;
- in alternativa l’artista può fissare fin da subito un prezzo di vendita (list price) per l’opera e il collezionista può comprare direttamente a quel prezzo senza passare per l’asta;
- a questo punto l’opera va sul mercato secondario della galleria, dove può eventualmente passare di mano da collezionista a collezionista. In caso di vendita sul mercato secondario, un diritto d’autore (artist royalty) del 10% viene girato dallo smart contract all’artista originario dell’opera, il quale, dunque, mantiene sempre una quota di proprietà sull’opera anche dopo averla ceduta;
- il primo collezionista che ha acquisito l’opera dall’artista sul mercato primario, qualora la rivenda e qualora l’opera sia rivenduta ancora una volta, riceve una collector royalty dell’1% sul prezzo di vendita, il primo e il secondo collezionista della catena ricevono uno 0.5% sul prezzo della vendita successiva, e così via.
Paradigmatico è il caso dell’opera All Time High in the City dell’artista XCopy, uno tra gli artisti più famosi nella scena:
- l’opera viene creata da XCopy e venduta a hex6c per 0.5 ETH a fine 2018;
- hex6c la rivende a fine 2019 a Moderats Art per 10 ETH (ROI pari a 20x). XCopy riceve una artist royalty del 10% pari a 1 ETH;
- Moderats Art la rivende nel 2021 a superrare88 per 1000 ETH (ROI pari a 100x); l’artista originale XCopy riceve una artist royalty del 10% (100 ETH, 200 volte il prezzo a cui l’aveva ceduta a hex6c) e il primo collezionista hex6c una collector royalty del 1% (10 ETH, esattamente il prezzo a cui l’aveva venduta a Moderats Art);
- poco dopo superrare88 rivende l’opera a rarecollector3000 per 1630 ETH; il primo e il secondo collezionista (hex6c e Moderats Art) ricevono entrambi una collector royalty dello 0.5% del prezzo di vendita (8.15 ETH) e XCopy riceve sempre una artist royalty del 10%.
Right click and save it!
Ogni volta che parlo ad un pubblico non esperto di NFT e arte crittografica mi arriva puntualmente la medesima domanda:
Perché dovrei comprarlo se lo posso scaricare liberamente?
Innanzitutto, ciò che compro non è l’immagine dell’opera d’arte, ma il certificato non fungibile (NFT) associato all’opera. A fronte di una vendita di un NFT, l’artista mantiene il corpus mysticum, ovvero la proprietà intellettuale, e cede il corpus mechanicum, ovvero il supporto su cui poggia l’idea, che nell’ambito della crypto art è l’NFT (c’è un evidente corto circuito in questo caso in quanto il corpo meccanico è di fatto immateriale come quello mistico). Il compratore, in buona sostanza, acquisisce il diritto di rivendere il token. L’opera rimane sempre visibile e scaricabile da tutti. Facendo un paragone, è come se comprassi una scultura che è in prestito permanente in un museo aperto al pubblico 24/7. Quindi un valido motivo per comprare un NFT è fare un investimento al fine di rivenderlo (fare il flip) ad un prezzo maggiore (abbiamo visto sopra un esempio eclatante con l’opera di XCopy).
Oltre agli speculatori, esistono i collezionisti mecenati, il cui ruolo è sostenere l’arte e gli artisti. Essi scelgono alcuni artisti che risuonano con i loro gusti o che stimano per qualche motivo e semplicemente comprano le loro opere per sostenerli e permettergli di continuare a fare il loro mestiere liberamente. Infine, ci sono i collezionisti attivisti, che intuiscono che questo spazio gli consente, per la prima volta, di fare la differenza e di perseguire una propria agenda — ad esempio supportando artiste donne come il collettivo WOCA (Women of Crypto Art) o artisti di paesi poveri come Osinachi, un’artista nigeriano che usa Microsoft Word per creare i propri lavori.
Ma forse la risposta più diretta alla domanda posta la fornisce Andy Warhol quando afferma che “arte è tutto ciò che un collezionista è disposto a pagare”. L’arte è semplicemente un patto tra artista e collezionista, senza il quale l’oggetto artistico perde il suo valore. L’esempio più sintomatico è l’opera Merda d’artista di Piero Manzoni, gli escrementi dell’autore inscatolati, numerati e venduti letteralmente a peso d’oro.
Se l’eventuale compratore di una delle mie scatole di merda trova il prezzo troppo alto, io offro di vendergli la mia merda al peso da lui desiderato, avvolta in un foglio di carta igienica, dopo averla tirata fuori dal wc a cucchiaiate. Piero Manzoni
Come spiega bene Domenico Quaranta nel suo libro più volte citato:
…al collezionista che non sa riconoscere il valore dell’operazione concettuale che genera la Merda d’artista, Manzoni regala un pezzetto di merda non confezionata, rendendo immediatamente percepibile lo scarto fra il prodotto del suo corpo e quello della sua arte. Viceversa, l’accettazione del patto che l’artista propone al collezionista ratifica l’equivalenza tra Merda d’artista e oro.
Gallerie
Vediamo quali sono le gallerie di crypto art più significative.
SuperRare e KnownOrigin
SuperRare e KnownOrigin sono i primi marketplace del settore, apparsi all’unisono lo stesso giorno, il 5 Aprile 2018. Per essere accreditati, gli artisti debbono essere accettati dalla galleria (whitelisting) e poi sono liberi di creare senza limitazioni. SuperRare espone solo pezzi unici, mentre KnownOrigin permette le edizioni multiple. SuperRare è ad ora l’unica galleria che implementi royalty anche per i collezionisti e sta gradualmente trasformandosi in una DAO, governata dai possessori del suo token RARE. Il 15% dei token è stato distribuito (airdrop) a tutti coloro tra artisti e collezionisti che hanno contribuito al successo della galleria, in base al numero e all’ammontare di opere vendute e comprate.
Async
Async è la prima galleria di arte programmata, ossia di opere dinamiche che possono cambiare nel tempo. In questa galleria, lanciata nel Febbraio 2020, le opere (che includono anche la musica) si compongono di diversi livelli (ad esempio lo sfondo o il vestito di un personaggio), che possono assumere diversi stati decisi a priori dall’artista. L’opera master si compone di questi layer. Master e layer rappresentano NFT e possono essere venduti separatamente a diversi collezionisti, oppure trattenuti dall’artista. Il collezionista che acquista un layer può decidere di cambiare il suo stato tra quelli disponibili e l’opera master si adegua di conseguenza. Dunque l’opera è creata dall’artista ma sono i collezionisti che con le loro scelte vanno a comporla. I layer possono anche reagire ad eventi esterni e indipendenti dai collezionisti e dall’artista, ad esempio il prezzo di una criptovaluta o di un’azione, il tempo atmosferico, o semplicemente lo scorrere del tempo. Su Async le opere sono uniche e per partecipare come artisti serve il whitelisting della galleria.
Foundation
Foundation è lanciata a Febbraio 2021 con un’attitudine generalista aperta a vari percorsi. Come Head of Community la galleria assume Lindsay Howard, una curatrice con un’ottima reputazione e un curriculum di rilievo nel mondo dell’arte contemporanea. Per partecipare come artista, bisogna essere invitati da un membro della comunità, ad esempio un altro artista che ha venduto almeno un lavoro. Le opere, se messe in vendita, hanno sempre un prezzo di listino. Quando un’opera in vendita riceve un’offerta parte un’asta di 24 ore prima che la vendita si concluda (se arriva un’offerta negli ultimo 15 minuti l’asta si prolunga per altri 15 minuti).
Hic et Nunc (Teia)
Hic et Nunc è apparsa a Marzo 2021 e rappresenta una novità rispetto allo status quo per vari motivi. Innanzitutto, non si basa sulla blockchain Ethereum, come le altre gallerie qui recensite, ma su Tezos e l’omonima coin. Tezos è una blockchain che usa Proof of Stake come algoritmo di consenso; quindi è eco-friendly a differenza delle chain, come Ethereum, che ancora usano Proof of Work. Le transazioni avvengono molto velocemente (nel giro di pochi secondi) e si pagano centesimi di dollari (su Ethereum il minting di un lavoro può costare decine o centinaia di dollari, a seconda del costo del gas del momento). Tezos inoltre usa Michelson come linguaggio per sviluppare gli smart contract, un linguaggio che facilita la verifica formale dei programmi, caratteristica molto attesa in questo settore dove un bug può costare milioni di dollari.
Inoltre, Hic et Nunc non ha barriere di ingresso per gli artisti (tutti sono ammessi basta che posseggano un wallet Tezos tipo kukai). Tipicamente, le opere, che includono lavori interattivi, sono esposte in molte edizioni e a prezzo bassi di qualche Tezos per edizione. Questo rende la galleria una comunità di ricerca e scambio di opere a basso costo, più che un luogo elitario dove pochi di fatto possono partecipare.
Hic et Nunc è interessante anche per un altro motivo. Quando il suo creatore, Rafael Lima, ha recentemente deciso di chiudere quello che era un marketplace NFT di grande successo, molti utenti si sono sentiti truffati. Eppure, grazie alla decentralizzazione della blockchain, solo il front-end del sito web è scomparso, mentre tutti gli smart contract e gli NFT erano salvi sulla blockchain e visibili tramite altri aggregatori di NFT. Nel frattempo Hic et Nunc ha cambiato nome in Teia e ha continuato a funzionare senza interruzioni.
Art Blocks
Art Blocks è una piattaforma creata da Erick Calderon a Novembre 2020. Il processo di creazione è fondamentalmente diverso da quello delle altre gallerie. L’artista-programmatore non crea semplicemente un’immagine o un video, ma scrive un programma, tipicamente nel linguaggio p5.js (una versione JavaScript di Processing), salvato sulla blockchain Ethereum, che produce un numero elevatissimo di differenti esecuzioni in forma di immagine. L’algoritmo sfrutta uno hash (una stringa esadecimale che codifica un blocco di informazione) come sorgente di casualità e l’output è totalmente determinato dallo hash. Dunque hash differenti produrranno esecuzioni differenti. Dato che uno hash codifica (è una impronta digitale) di un qualsiasi blocco di informazione (ad esempio un blocco di una chain), ogni esecuzione è in un certo senso una rappresentazione artistica e deterministica di quell’informazione.
Ma cosa compra il collezionista? Il collezionista sceglie sulla galleria Art Blocks uno dei codici a disposizione (che non sia già sold out) e compra al buio una esecuzione del codice prescelto ad un prezzo stabilito mediante un’asta olandese. L’asta olandese è un meccanismo di vendita al ribasso introdotto in un secondo momento allo scopo di scoraggiare l’intrusione di bot speculativi. Il codice genera l’opera, che viene salvata sul cloud AWS di Amazon, e il relativo NFT, salvato su Ethereum e trasferito nel portafoglio del collezionista. L’opera rimane compra-vendibile sul mercato di NFT OpenSea.
In buona sostanza l’idea originale di Art Blocks è di distinguere tra partitura (il codice) ed esecuzione (l’immagine del codice). L’arte generativa diventa dunque una performance, esattamente come quando andiamo a sentire un concerto conoscendo lo spartito della musica ma ignorando come sarà l’esecuzione dei musicisti (anche in questo caso, pago prima di conoscere l’esecuzione). L’arte generativa trova dunque nella sua esecuzione il suo hic et nunc, recuperando, in un certo senso, l’aura di cui parla Benjamin.
Art Blocks seleziona e cura minuziosamente i suoi artisti e i relativi progetti. Inoltre, per partecipare occorre avere discrete capacità di programmazione e saper interagire con la blockchain. Questi filtri hanno creato una bizzarra situazione per cui la domanda per queste opere è molto superiore all’offerta e un conseguente incremento parabolico dei prezzi dei lavori. Ad Agosto 2021 la galleria aveva venduto per 600 milioni di dollari, con un picco di 69 milioni in un solo giorno (23 Agosto). Molti dei progetti donano automaticamente parte del ricavato in beneficienza.
Un’opinabile selezione
Segue una breve, parziale e opinabile selezione di opere di blockchain e crypto art che ritengo interessanti per qualche motivo.
Quantum (2014), Kevin McCoy
Quantum è il primo NFT mai creato. La storia è ben raccontata da Anil Dash in un articolo apparso su The Atlantic. McCoy e Dash si incontrarono in un evento dedicato all’incrocio tra arte e tecnologia. In una notte (che rimarrà celebre) svilupparono il prototipo di un sistema di tokenization (o minting) di un’opera digitale su una blockchain, che chiamarono, ironicamente ma con lungimiranza, Monetized Graphics. Il metodo è tuttora impiegato da tutte le gallerie digitali. Al tempo, nel 2014, Ethereum e gli smart contract non esistevano, e quindi i due usarono la blockchain NameCoin (un fork di Bitcoin). Dash racconta che quando esposero per la prima volta il loro lavoro alla conferenza Seven on Seven difronte ad un pubblico di artisti e esperti di tecnologia, la gente rise. Quando lo raccontarono poco dopo ad un convegno di imprenditori, nessuno rise più, e tutti presero l’idea molto sul serio! Quantum è stato battuto nel 2021 da Sotheby’s per 1472000 dollari.
Plantoid (2015), Primavera De Filippi
Plantoid è un progetto lanciato dalla studiosa legale, artista e attivista italo-francese Primavera De Filippi. Un plantoide è un robot a forma di pianta, come un androide è un robot con sembianze umane. Ogni plantoide ha un portafoglio a cui possiamo effettuare donazioni in Bitcoin. Ogni volta che riceve una donazione, il plantoide si illumina e si anima, restituendo la sua gratitudine in forma di bellezza. Quando il plantoide ha ricevuto abbastanza fondi, è pronto a riprodursi, invitando artisti a proporre progetti per generare un suo discendente fisico, coerente col codice genetico (caratteristiche) del genitore. Coloro che hanno partecipato alle donazioni votano le varie proposte e quella che risulta più votata verrà realizzata con parte dei fondi raccolti. Il plantoide quindi si riproduce e il ciclo ricomincia. Il resto dei fondi vanno al genitore del plantoide e agli artisti che l’hanno creato (una forma di royalty per discendenza e non per vendita). Secondo un principio darwiniano, i fiori più belli raccoglieranno più fondi e andranno a generare una lunga progenie. Il tutto è controllato da uno smart contract su Ethereum, che è l’anima del plantoide, mentre il suo corpo è la sua struttura metallica a forma di fiore.
Questa è anche uno dei primi esempi di Decentralized Autonomous Organization (DAO), una organizzazione regolata da uno smart contract e governata attraverso le decisioni dei suoi finanziatori, il cui potere di voto è proporzionale all’entità della partecipazione.
Bittercoin (2016), Martín Nadal & César Escudero Andaluz
Bittercoin è una vecchia macchina calcolatrice, hackerata collegandola ad una scheda Arduino e un telefono, per essere usata come miner che convalida le transazioni della blockchain Bitcoin. È il peggior minatore di sempre, arrivando a calcolare uno hash ogni dieci minuti, estendendo ad una eternità (11 milioni di anni) il tempo previsto per minare un blocco di Bitcoin. Seppur lento, è perfettamente funzionante, e nella remota possibilità in cui riuscisse a risolvere per primo il puzzle crittografico necessario per il mining, sarebbe in grado di comunicarlo alla blockchain e ricevere la ricompensa. I calcoli sono mostrati sul display della macchina e stampati su un rotolo di carta che si accumula attorno al dispositivo rendendo visibile la quantità di calcoli e, metaforicamente, la quantità di risorse consumate dal proof-of-work di Bitcoin.
Bittercoin combina Internet of Things (IoT), archeologia dei media ed economia e rappresenta una critica all’economia capitalistica delle criptovalute e al loro (presunto) impatto ecologico. È un progetto del ciclo Bitcoin of Things che ha l’obiettivo di trasformare oggetti di uso quotidiano — come timbri o pinzatrici — in improbabili miner a bassissimo consumo energetico connessi alla blockchain attraverso l’uso di microprocessori e sensori.
Stay Free (2021), Edward Snowden
Stay Free è l’unico NFT prodotto da Edward Snowden, l’ex dipendente della National Security Agency (NSA) che nel 2013 ha rivelato al mondo lo stato di sorveglianza globale del post 11 Settembre. L’opera è un autoritratto basato su una fotografia dello stesso in cui il volto si genera attraverso l’organizzazione in griglia delle pagine del documento con cui un tribunale americano decretò nel 2015 che la sorveglianza di massa della NSA violava la legge. Secondo Snowden:
Le applicazioni emergenti della crittografia sono uno spazio importante per supportare i nostri diritti, o per portarceli via.
Stay Free è stata venduta da Foundation nel 2021 a 2224 ETH.
Source Code for the WWW (2021), Tim Berners-Lee
Sir Tim Berners-Lee inventò il Web nel 1989 mentre lavorava al CERN di Ginevra e lo rese di dominio pubblico nel 1993 sostenendo da allora la neutralità della rete. Il codice sorgente del Web scritto originariamente da Berners-Lee è stato venduto come NFT dalla casa d’asta Sotheby’s per 5,434,500 di dollari ad un anonimo collezionista. In questo caso il codice diventa arte.
Riguardo alla scelta di entrare nel nuovo mercato degli NFT, in una citazione sul sito di Sotheby’s, Berners-Lee ha descritto questi oggetti digitali collezionabili garantiti dalla blockchain come “il mezzo di proprietà più appropriato che esista” e “il modo ideale per impacchettare le origini dietro il Web”.
L’informatico ha spinto affinché dopo la vendita Sotheby’s rendesse disponibile sul suo sito un’animazione in cui scorrono le stringhe di codice dall’alto al basso. Curioso notare che nell’animazione il codice sia errato, in quanto le parentesi angolate (<, >) sono sostituite dai corrispettivi codici HTML (< >), proprio il linguaggio del Web. Il codice mostrato di fatto non funzionerebbe. Un errore imperdonabile per una vendita milionaria da Sotheby’s.
Schotter (2021), hex6c
hex6c è un artista generativo italiano attivo nella crypto art fin dalla comparsa dei primi marketplace come SuperRare e KnownOrigin. Col suo progetto Generative Art Recoded ha voluto dare il giusto tributo ai primi artisti generativi degli anni 50 e 60 del secolo scorso — quali Georg Nees, Michael Noll, Frieder Nake e Vera Molnar — i primi che osarono usare il codice per fare arte e non calcoli scientifici.
“The computer may be potentially as valuable a tool to the arts as it has already proven itself to be in the sciences” Michael Noll
Molti dei codici scritti da questi pionieri sono andati smarriti o sono troppo obsoleti per essere eseguiti. Generative Art Recoded è un’opera di restaurazione digitale: hex6c è partito da alcune opere di questi artisti e, con un processo di reverse engineering, ha tradotto queste opere d’arte in codice moderno scritto in Processing, un linguaggio di programmazione basato su Java molto apprezzato dagli artisti. Ha usato poi il codice, una volta confrontato con l’opera originale, per produrre opere derivate che ha reso NFT.
Il codice prodotto è stato reso disponibile in forma di immagine. L’immagine che contiene il codice Processing dell’opera Schotter di Georg Nees è stata esposta nella galleria Hic et Nunc e venduta in 50 edizioni al prezzo di 10 Tezos, la criptovaluta e la blockchain su cui gira la galleria. Ancora una volta, il codice si fa opera d’arte.
The Pixel (2021), Pak
Pak è un collettivo astratto e minimalista molto amato da Elon Musk. È la mente di Archillect, una intelligenza artificiale (al momento femmina) molto popolare che colleziona immagini sul Web per proporle al proprio pubblico di sostenitori su varie reti sociali. Il suo scopo è quello di piacere ai propri seguaci e quindi adatta le proprie ricerche in base al gradimento passato.
The Pixel è un’opera minimalista costituita da un singolo pixel nero. Venduta su Nifty Gateway per 1,355,555 di dollari, è sicuramente l’opera con il prezzo per pixel più alto che sia mai stato pagato nella crypto art. In realtà Pak è riuscito anche a fare di meglio (o di peggio) in termini di minimalismo con l’opera Alpha, una tela completamente trasparente che diventa nera quando ci avviciniamo. L’opera è stata venduta su SuperRare per 55.555 ETH.
All Time High in the City (2018), XCopy
XCopy è un OG (original gangster) della crypto art, ossia uno dei primi artisti al mondo ad entrare in questo movimento, da quando esistono i marketplace (ossia circa il 2018). Le sue opere non hanno nulla di concettualmente profondo, spesso sono anche prive di descrizione. I titoli tradiscono un potente umorismo inglese, infatti XCopy è londinese e chi lo ha conosciuto afferma che è “una persona qualsiasi con un lavoro qualsiasi”. Le sue opere semplicemente arrivano e molti collezionisti (e speculatori) stravedono per averne una in portafoglio e sono disposti a spendere cifre importanti.
L’opera All Time High in the City è una delle prime (l’undicesima) ad essere stata depositata sulla galleria SuperRare e la sua sale history con ROI e royalty da capogiro — di cui abbiamo già parlato — è diventata un caso di studio quasi accademico.